Il lungo viaggio per Faenza passa da Padova.
I have a dream…ognuno dovrebbe averne uno o più d’uno, il mio, bello centrato nel mirino della pazzia, è il traguardo di Faenza alla fine dei 100km del Passatore sul finire di maggio.
A dir la verità il venticinquennale processo di trasformazione da centometrista a centochilometrista ancora oggi non è affatto compiuto e, laddove molti recuperano bene allenamenti lunghi a ritmo blando, io combatto perennemente con gambe marmoree. La famosa coperta corta ci dice che, lunghi su lunghi aiutano l’adattamento, il problema è che nel contempo la fatica giganteggia.
Fino ad oggi, per correre discretamente una maratona, ho sempre dovuto scaricare molto più di quanto dicessero le sacre tabelle, ed anche quest’ultimo test a Padova mi ha purtroppo confermato, che negli ultimi 1971 anni, di miracoli se ne fanno pochini e soprattutto piccoli piccoli.
Avevo dichiarato a destra e a manca che avrei corso questi classici 42.195 arrivando in 3h e 15, meglio se qualche secondo sotto.
In se e per se non sembrava niente di eclatante, ma il bello era stato quello di arrivarci con un lungo di 30km di cui 13km a 4’ fatto solo 7 giorni prima e, con l’ultima maratona di Roma(28/03/04) corsa lentamente, ma con l’aggiunta di 10km per partenza e arrivo dal pianerottolo di casa.
La speranza, era quella di gestire una gara con passaggi intorno a 4.30 fino alla mezza, quando il caldo ancora non avrebbe imperato, e pilotare un rallentamento progressivo così da arrivare in discrete condizioni nel suggestivo scenario di Prato della Valle.
Ebbene ho rispettato tutti i tempi e tutti gli intendimenti della vigilia, senza sgarrare di una virgola sul programmato, solo che all’arrivo di discrete condizioni non vi era nessuna traccia, ero cotto a puntino da un sole africano, con gli arti inferiori devastati peggio del centro di Bagdad.
Il fine settimana lo avevamo speso andando a trovare degli amici in provincia di Reggio Emilia, l’ospitalità è stata così trascinante, che invece di lasciarli sabato sera per dormire in solitario a Padova, ho scelto di restare in compagnia, cenare alla grandissima, e partire all’alba di domenica in direzione Vedelago.
Con piacevole sorpresa, al mattino, mia moglie, certa che Chicca fosse in buone mani, decide di accompagnarmi così da farmi trovare l’automobile all’arrivo della faticaccia, evitandomi il calvario della prima navetta delle 14.00 per tornare in quel di Vedelago.
Troppo ottimismo, qualche cartello sfuggente, ed eccoci in clamoroso ritardo sul luogo della partenza. Lasciamo l’auto lontanissima dal via, dimentico una prima volta il pettorale, e quando arrivo trafelato al camion delle borse, scopro che la gara dovrebbe partire alle 8.50 e non alle 9.00. Sono le 8.49 e mancano oltre 500 mt, di strada… impossibile anche per il miglior Tergat .
Vado via a 3’ a km dimenticando vaselina e integratori, sudato e stanco mi lasciano entrare nella gabbia dei Top-Runner e sono puntuale con lo sparo sulla linea di avvio(8.52 !!!).
La preziosa compagnia mi induce ad un inizio troppo sollecito, il primo km dice 4.10, rallento e prendo il passo, da ora con pazienza giù a ripetere lo stesso ritmo fino ai 20km con parziali di 5km in 5km da 22.25 a 22.30.
Al ventesimo sosta tecnico idraulica e deliberata decisione di rallentare.
Ora il caldo comincia a far male. Dopo il bel passaggio da Camposampiero restano solo pochi alberi a provare ad oscurare l’invadenza della gialla palla, alta nel cielo. Al 30esimo, in pieni tropici, un gruppo di Alpini in tenuta da montagna(forse mal consigliati dalla locale bella meteorologa E. Pedron) mi offrono della grappa calda, di sicuro sarebbe stato più idoneo un siparietto fatto di palme da cocco e ragazze caraibiche in succinti costumini ad offrire Pina Colada ghiacciata. Col passare dei km ci si abitua a questo primo caldo, che in quel di Roma è ancora miraggio, ed è così che comincio a capire che non avrò difficoltà a centrare l’obiettivo. Il problema reale semmai è un altro: “Sono io a copiare la tabella ? … o… é lei a comandare le mie stanche movenze ?!?” (della serie: ”Questo è ciò che vali !!!”).
A confermare questa spiacevole sensazione è l’immensa e inaspettata gioia che provo all’arrivo a Prato della Valle.
Non è stata la maratona della vita, comunque l’ho onorata con coraggio, dedicandole tutto quel poco che avevo da dare.
Un’occhiata al cronometro, 3h 14 e…spicci, ci sto dentro alla grande, gli ultimi 2km sono stati quasi gagliardi, ho il tempo per fermarmi prima del traguardo a baciare la bellezza paziente della mia Nadia abbronzata a ridosso delle transenne.
Sant’Antonio permettendo potrei votare per una sua beatificazione.
Ritiro il pacco e già mi aspettano 600km di autostrada prima di sera, e altri 400km di corsa da qui a Faenza.
Daje Giancarli(Io e Casentini)…ja famo.
I have a dream…ognuno dovrebbe averne uno o più d’uno, il mio, bello centrato nel mirino della pazzia, è il traguardo di Faenza alla fine dei 100km del Passatore sul finire di maggio.
A dir la verità il venticinquennale processo di trasformazione da centometrista a centochilometrista ancora oggi non è affatto compiuto e, laddove molti recuperano bene allenamenti lunghi a ritmo blando, io combatto perennemente con gambe marmoree. La famosa coperta corta ci dice che, lunghi su lunghi aiutano l’adattamento, il problema è che nel contempo la fatica giganteggia.
Fino ad oggi, per correre discretamente una maratona, ho sempre dovuto scaricare molto più di quanto dicessero le sacre tabelle, ed anche quest’ultimo test a Padova mi ha purtroppo confermato, che negli ultimi 1971 anni, di miracoli se ne fanno pochini e soprattutto piccoli piccoli.
Avevo dichiarato a destra e a manca che avrei corso questi classici 42.195 arrivando in 3h e 15, meglio se qualche secondo sotto.
In se e per se non sembrava niente di eclatante, ma il bello era stato quello di arrivarci con un lungo di 30km di cui 13km a 4’ fatto solo 7 giorni prima e, con l’ultima maratona di Roma(28/03/04) corsa lentamente, ma con l’aggiunta di 10km per partenza e arrivo dal pianerottolo di casa.
La speranza, era quella di gestire una gara con passaggi intorno a 4.30 fino alla mezza, quando il caldo ancora non avrebbe imperato, e pilotare un rallentamento progressivo così da arrivare in discrete condizioni nel suggestivo scenario di Prato della Valle.
Ebbene ho rispettato tutti i tempi e tutti gli intendimenti della vigilia, senza sgarrare di una virgola sul programmato, solo che all’arrivo di discrete condizioni non vi era nessuna traccia, ero cotto a puntino da un sole africano, con gli arti inferiori devastati peggio del centro di Bagdad.
Il fine settimana lo avevamo speso andando a trovare degli amici in provincia di Reggio Emilia, l’ospitalità è stata così trascinante, che invece di lasciarli sabato sera per dormire in solitario a Padova, ho scelto di restare in compagnia, cenare alla grandissima, e partire all’alba di domenica in direzione Vedelago.
Con piacevole sorpresa, al mattino, mia moglie, certa che Chicca fosse in buone mani, decide di accompagnarmi così da farmi trovare l’automobile all’arrivo della faticaccia, evitandomi il calvario della prima navetta delle 14.00 per tornare in quel di Vedelago.
Troppo ottimismo, qualche cartello sfuggente, ed eccoci in clamoroso ritardo sul luogo della partenza. Lasciamo l’auto lontanissima dal via, dimentico una prima volta il pettorale, e quando arrivo trafelato al camion delle borse, scopro che la gara dovrebbe partire alle 8.50 e non alle 9.00. Sono le 8.49 e mancano oltre 500 mt, di strada… impossibile anche per il miglior Tergat .
Vado via a 3’ a km dimenticando vaselina e integratori, sudato e stanco mi lasciano entrare nella gabbia dei Top-Runner e sono puntuale con lo sparo sulla linea di avvio(8.52 !!!).
La preziosa compagnia mi induce ad un inizio troppo sollecito, il primo km dice 4.10, rallento e prendo il passo, da ora con pazienza giù a ripetere lo stesso ritmo fino ai 20km con parziali di 5km in 5km da 22.25 a 22.30.
Al ventesimo sosta tecnico idraulica e deliberata decisione di rallentare.
Ora il caldo comincia a far male. Dopo il bel passaggio da Camposampiero restano solo pochi alberi a provare ad oscurare l’invadenza della gialla palla, alta nel cielo. Al 30esimo, in pieni tropici, un gruppo di Alpini in tenuta da montagna(forse mal consigliati dalla locale bella meteorologa E. Pedron) mi offrono della grappa calda, di sicuro sarebbe stato più idoneo un siparietto fatto di palme da cocco e ragazze caraibiche in succinti costumini ad offrire Pina Colada ghiacciata. Col passare dei km ci si abitua a questo primo caldo, che in quel di Roma è ancora miraggio, ed è così che comincio a capire che non avrò difficoltà a centrare l’obiettivo. Il problema reale semmai è un altro: “Sono io a copiare la tabella ? … o… é lei a comandare le mie stanche movenze ?!?” (della serie: ”Questo è ciò che vali !!!”).
A confermare questa spiacevole sensazione è l’immensa e inaspettata gioia che provo all’arrivo a Prato della Valle.
Non è stata la maratona della vita, comunque l’ho onorata con coraggio, dedicandole tutto quel poco che avevo da dare.
Un’occhiata al cronometro, 3h 14 e…spicci, ci sto dentro alla grande, gli ultimi 2km sono stati quasi gagliardi, ho il tempo per fermarmi prima del traguardo a baciare la bellezza paziente della mia Nadia abbronzata a ridosso delle transenne.
Sant’Antonio permettendo potrei votare per una sua beatificazione.
Ritiro il pacco e già mi aspettano 600km di autostrada prima di sera, e altri 400km di corsa da qui a Faenza.
Daje Giancarli(Io e Casentini)…ja famo.
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