Il giorno più lungo, la corsa...e...il volo.

Pubblicato da GIAN CARLO sabato 21 giugno 2008

Oggi è il giorno più lungo, non quello del film che parla del D/Day(lo sbarco di Normandia), ma quello che, gli antichi iniziati bretoni festeggiavano a Stonehenge già nella notte dei tempi oltre 2500 a. C. Riuniti intorno ai mastodontici e misteriosi megaliti davano vita alla cerimonia del sole, un vero e proprio rito propiziatorio perchè...
"...perchè domani sia migliore perchè domani tu...".
Insomma un giorno magico, quindi un giorno per correre, che fa scopa pure con Filippide e Maratona, dato che, guarda caso strano, pure loro son datati 2500 anni a. C.(dove però C. sta per Colonna 2008).


Arriviamo così al connubio tra due grandi miti, quello della corsa notturna con quello del giorno che mai vuol morire.

Correva, senza fretta, l'anno 1997 e mi trovavo in Islanda vicino ad Akureyri, dopo una lunghissima giornata passata tra ghiacciai, cascate, geyser e vulcani ci dedichiamo ad una cena naturalmente abbondante e necessaria per smaltire il tanto freddo patito. Verso le 23 si torna a "casa". Alloggiamo in una scuola che, durante il periodo estivo, viene adibita a pensione. A questo punto dovrei dormire, ma fuori c'è luce e il paesaggio è incantevole, ed è così che, pensa che ti ripensa, ho messo il pantalone lungo da runner(allora ne avevo uno dell'arena), maglia semi-termica, k-way, guantini, fascia copri orecchie e sono andato.
LE PAROLE DI MIA MOGLIE:"Tu non sei normale !!!"(o qualcosa del genere)
Tecnicamente in quel periodo, i primi di luglio al 66esimo parallelo, c'erano 23 ore e 30 minuti di luce e io mi accingevo a correre proprio nella fascia di buio. In realtà, ricordo perfettamente, di aver visto spicchi di sole sia all'inizio che alla fine dell'allenamento, e che comunque un bel filo di luce non è mai venuto meno.
Via.
Dopo circa 1000 metri tutti in leggera discesa ho lasciato la stradina che portava dall'improvvisato albergo fin sulla strada principale. Mi sono girato e non c'era più nulla. Un piccolo vulcano spento copriva la zona del mini paese(5 case) e della scuola.
Ovunque guardavo niente e nessuno.
Una lingua di terra non asfaltata, ma ben battuta, andava in entrambe le direzioni verso l'ignoto.
Larga giusto lo spazio di un bus era incorniciata lateralmente da laghi di lava nera frutto di colate recenti. Tutto suggestivo e bellissimo, il vento era l'unico rumore, ma sapeva pungere in profondità. Il termometro era sopra lo zero(credo 3), ma faceva freddo vero e il cielo era sereno. Il chiarore consentiva la vista solo di un paio di "minuscoli" pianeti. Decisi di correre per 20 minuti in direzione nord-ovest verso il sole(partire sempre controvento come dicevano i saggi), e poi di tornare indietro. Dopo circa 3km o 15 minuti(fate voi) viaggiavo liscio verso la mia Stonehenge, i Doors cantavano "Waiting for the sun"...,
...Quando improvvisamente cominciai a sentire uno strano stridio...un uccello delle dimensioni di un corvo si era lanciato in picchiata sull'unico runner dell'isola e mi aveva sfiorato la testa. E' un attimo, ma le frequenze cardiache passano dal lento al medio; non è finita, il volatile torna ad attaccare. Questa volta sento distintamente l'impatto. Il dolore poco o niente, ma la paura ha già fatto 90...pure 91, ora il cuore batte come nel corto veloce e infatti sono a 3 al km e oops sto andando nella direzione opposta. Dopo 500 metri in quinta marcia, mi fermo, mi giro e...ovviamente nulla. Beh, sarei già sulla strada del ritorno meglio andare no ?
Invece, la curiosità vince sulla strizza, e mi riavvio verso nord. Passa poco tempo, ed ecco di nuovo l'uccellaccio impazzito, stavolta però me lo aspetto, mi fermo, lo studio e quando è a tiro provo il contropiede. Con una mano mi proteggo la faccia e con l'altra, armata di una vecchia Diadora Millenium da 350 grammi, provo il colpaccio. Giusto un paio di schermaglie, si resta sullo sullo 0 a 0, ma chi rischia di più sono io, anche perchè i miei tentativi di offesa sono patetici come quelli di Silvestro con Titti.
Sconsolato, rimetto la scarpa e torno, il momento magico è sfumato difficilmente sarà per un'altra volta.
Il giorno dopo l'immancabile naturalista mi ha spiegato il comportamento del "furbo" pennuto. Mentre correvo passavo vicino al nido dove o c'erano delle uova o (peggio) dei piccoli e la sua mission era difenderli.
Ma mammachioccia dei runner che protegge il sogno del piccolo corridore che vuole correre nel sole dov'è ?
Una vera ingiustizia !!!
Oggi e, perchè no, anche domani correte pure a lungo tanto fa buio tardi !!!

6 commenti

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  1. albertozan ha scritto:
  2. bellissimo il racconto Gian...immagino le sensazioni, deve essere stato stupendo...

     
  3. GIAN CARLO ha scritto:
  4. Ciao Alberto, correre da sempre belle sensazioni, se poi riesci a farlo + contatto con la natura è meglio. Considera che io corro quasi sempre in città :-(

     
  5. Unknown ha scritto:
  6. Gian Carlo, che bel racconto: mi sembrava di esserci in quella bellissima terra.. di nessuno!

     
  7. GIAN CARLO ha scritto:
  8. @Alessandro, grazie spero che la mezza di Roma riuscirà a darti buone emozioni nella mia bellissima terra...caotica

     
  9. Alvin ha scritto:
  10. L'Islanda deve essere fantastica, aver assistito ad una scena di un romano che cerca di abbattere un volatile con una diadora da 350gr. sarebbe stato uno spettacolo in uno spettacolo!

     
  11. GIAN CARLO ha scritto:
  12. @Alvin, confermo Islanda selvaggia e affascinante, di mio invece ho offerto uno spettacolo degno del "peggior" Verdone

     

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